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Otto domande a Leonardo Bonetti (Arpia)
Gli Arpia, gruppo romano attivo ormai da molto tempo, hanno da poco realizzato un nuovo disco davvero particolare come "Racconto d'inverno", pubblicato dall'etichetta francese Musea, che in realtà è parte di un vero progetto "multimediale". Abbiamo sentito in proposito Leonardo Bonetti, cantante, bassista e anima della band, che ringraziamo per la sua disponibilità: ecco di seguito le sue risposte alle domande di "AltreMuse".
1) "Racconto d'inverno" è un disco, ma anche un romanzo. Come è nata l'idea di un progetto così ambizioso?
L.B. All’inizio, devo essere sincero, l’idea era quella di comporre una sorta di adattamento musicale di Racconto d’autunno di Tommaso Landolfi. Ma dopo tre mesi di tentativi ho capito che non ci sarei riuscito. Che il testo landolfiano era sfuggente ed imprendibile e avrei dovuto riscriverlo. O meglio avrei dovuto scrivere un racconto a partire dall’incipit di Landolfi. Ma la cosa mi ha preso la mano, evidentemente. La composizione e la scrittura, comunque, sono germinate l’una dall’altra, con una pendolarità tra i due linguaggi che, credo, dovrebbe essere percepita sia all’ascolto che alla lettura.
2) Il disco ha un approccio essenzialmente acustico, e punta soprattutto sulle voci. Perchè questa scelta, che sembra molto lontana dallo stile di "Terramare"?
L.B. Non so se è stata veramente una scelta. Diciamo che mentre componevo appariva del tutto naturale l’utilizzo di strumenti acustici e voce. È Racconto d’inverno che ha chiamato queste sonorità. Anche se potrebbe essere stata un’esigenza legata all’evoluzione del gruppo, ad un bisogno di allargamento degli orizzonti compositivi.
3) La cantante Paola Feraiorni sembra ormai una colonna degli Arpia. Come è nata la vostra collaborazione?
L.B. «Paola, tu sei la mia voce». Così spesso le dico scherzando. E non voglio essere presuntuoso. È solo un’espressione per riaffermare che non sento alcuna alterità, anzi una totale compenetrazione tra Arpia e Paola Feraiorni. Per cercare di dire meglio, quando canta con Arpia, Paola perde il suo nome. Come d’altronde ognuno di noi. È la voce di Arpia. Tutto qua. Si tratta di qualcosa che non avviene per un qualche motivo definito. Succede. Dopo anni (ormai dieci) di serate passate a provare, a suonare e a parlare, Paola è divenuta parte integrante del gruppo. E ovviamente non è stato il risultato di una scelta sua o nostra. È stato semplicemente l’esito di un percorso naturale, fatto senza forzature.
4) L'impressione è che gli Arpia siano un gruppo dai confini molto elastici, capaci ogni volta di cambiare rotta. Non avete paura di disorientare il vostro pubblico?
L.B. Arpia non può fare che questo. Continuare ad esprimere un’esigenza senza direzione. Potremmo dire che la necessità di ricercare nuove strade non si esplicita mai in una forma precisa. È semplicemente un’energia che spinge, che muove. Per cui dobbiamo ubbidire a questa spinta, a volte contro voglia, devo essere sincero. Ogni volta che affrontiamo un nuovo lavoro c’è qualche resistenza, qualche opposizione. È perché dobbiamo rimettere in discussione qualcosa di acquisito. E non è mai facile. Soprattutto con Racconto d’inverno, che indubbiamente rappresenta un vero e proprio salto di qualità in questo senso.
Per quanto riguarda invece la paura di spiazzare il nostro pubblico non possiamo temere nulla. Sappiamo che gli appassionati che ci seguono ormai da decenni sono pronti ad affrontare queste svolte. Anzi forse non ci perdonerebbero un nuovo lavoro fatto seguendo schemi già rodati.
5) Come vorresti fosse recepito il vostro disco e cosa dobbiamo aspettarci in futuro?
L.B. Credo che questo disco viva all’interno di un’esperienza più vasta di quelle precedenti. Proprio perché c’è un libro e la parola ha preso una dimensione più rilevante. Penso infatti che libro e disco debbano essere vissuti all’interno di un’esperienza distinta ma comprensiva. Leggere solo il libro o ascoltare solo il disco si può, naturalmente. Ma mentre si ascolta o si legge non si può fare a meno di “pensare” che c’è anche un altro linguaggio che serpeggia sotto il testo, al di là della musica. Voglio dire che la “pensabilità” di Racconto d’inverno è nel corpus stesso dell’opera. E opera, mai come in questo caso, è fatta di parole e musica senza soluzione di continuità.
Per quanto riguarda il futuro abbiamo già diverse idee, diversi progetti, ma non possiamo sapere quale sarà la prossima realizzazione.
6) Come ti sembra la situazione attuale del progressive italiano? Più in generale, ci sono altri gruppi o solisti che consideri interessanti?
L.B. Non seguo con continuità la scena, né rock né progressive. Sono molto isolato e essenzialmente ai margini. Non riesco ad ascoltare quasi nulla di nuovo. D’altronde sono alle prese in continuazione con la mia musica e le mie parole, e questo mi sembra già abbastanza. Comunque, per quello che ho potuto ascoltare, non mi sembra ci siano grandi novità in superficie. Per quanto riguarda invece la profondità di questo mare che è il progressive rock, sono certo che si muovono energie positive, molte intuizioni. Restano sotto, raramente riescono ad uscire allo scoperto, ma questo è il loro ruolo fondamentale.
Comunque non ho nomi da fare, se questo volevi, né di gruppi, né di solisti.
7) Che rapporto avete con la rete? Pensi che Internet possa aiutare la diffusione di una certa musica alternativa che fatica a farsi conoscere?
L.B. Può dare una mano, indubbiamente. Ma non ritengo che questo sia essenziale. Più che altro può aiutare a mettere in contatto i “dispersi della rete”, come mi piace definirli. Perché secondo me la rete esiste in quanto la nostra è una società disintegrata, spaccata, isolata. Di qui la sua necessità.
Non possiamo infatti dimenticare che si tratta di rete virtuale, che la vera formula che esprime il nostro tempo è quella di “solitudine globalizzata”.
8) Ci sono a breve appuntamenti dal vivo degli Arpia che vorresti segnalare a chi vi segue?
L.B. Tra gli altri appuntamenti mi piace ricordare quello del 18 luglio per la Notte Bianca di Arcevia, nelle Marche, ed esattamente al Teatro Misa, un vero e proprio gioiello settecentesco.
Inoltre il 24 luglio saremo a Roma, al Funnel Club a Via Ostiense.
Infine l’8 agosto a Pico Farnese, al Castello Medievale.
Ma spero che ci siano parecchie altre occasioni di conoscere ed incontrare tutti coloro che ci seguono con affetto.
Intanto volevo ringraziarti per la sensibilità che hai dimostrato e che continui a dimostrare nei confronti di Arpia e, più in generale, per le realtà che si muovono nel panorama della musica e dell’arte italiane.
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